destionegiorno
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Profumo di bacche e di pioggia, fiore cremoso, sboccia: un sussurro... un letto appena fatto, disfatto e rubo i tuoi respiri legandoti a me... ... (continua)
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Sono figlio dei figli di questa terra,
padre dei padri di queste colline assolate
di un passato di là da venire;
Un viaggiatore che ha preso in prestito
questo cielo,
questo vento,
questo buon sapore in bocca;
Di questi mattoni,... leggi...
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Vicoli vivo, visitando labirinto di anime;
solo soletto, il sole fa capolino
tra tratti interrotti di muti palazzi:
linfa vitale sgorga dalle crepe,
alla fine di un viaggio
di cui si ha memoria
in incunaboli, pasto di tarme di storia.
Semi seguono... leggi...
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Destar vorrei, or più di prima
“Sommo Poeta”, per imbroccar la rima:
bianco foglio mi cattura e vince,
quando una strofa o un verso non mi convince!
Sposto versi, sottolineo frasi,
rime baciate e alfin crasi;
volo d’uccelli ho già... leggi...
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Ultime foglie
ancor per sfida appese
lentamente periscono in terra,
su lapide non più recente;
il ghiaino, silente,
non crepita all'etereo grave.
Ciuffi sparuti
di erba tribolata dal gelo,
in riverenza si piegano
fin quasi a... leggi...
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Lenzuola odor di nebbia,
evaporano umori
di battaglie senza vinti né vincitori.
Tepor cenerino
di Amor rubato,
al Tempo,
alla Vita,
al trascorrer degli anni.
Passion la stessa,
senza esitazioni;
un dolce grembo al quale... leggi...
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Riporta indietro il tempo,
quando ancor bambino
scoprivo il mondo a me vicino.
Quando era avventura
un nuovo Amico, un nuovo gioco
un luogo mai visto;
quando il silenzio era spavento
e la caciara il sentirsi vivo
e uguale agli altri.
Ed eravamo... leggi...
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Cerco l'Amore,
l'amore nelle perdute stanze
spoglie e senza calore
disadorne e non vissute
fredde come la morte
incombenti come la solitudine;
l'amore delle piccole cose,
dei toni di voce,
di sguardi
che si perdono
negli sguardi;
di... leggi...
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Paride Giangiacomi
| Era l’ora che volge al desio;
me ne stavo seduto su un muricciolo
per la strada che porta alla chiesa.
Dolce era la sera,
ma il giorno triste ricordavo
e il cielo attonito guardavo.
Come lampi a ciel sereno
luci magnifiche squarciavano le tenebre;
la notte sussultava a simil soni.
Prime gocce di un’acqua benedetta,
irroravano il viso mio
grondo di sudore e paura;
oh, qual era il mio destino
se non quello di non riveder
il dolce focolare, le tenere sue braccia?
“ Dio, Dio –gridavo in preda a fanciullo terrore –
fa che riveda la terra mia
e che possa riposar il sonno del giusto!”
Alfin tutto si chetava,
simile ad un sogno tutto spariva;
il buio regnava di nuovo, non v’era più luce.
“Mio Dio – pregavo – spegni la luce dagli occhi miei
Perché non possa vedere le colpe mie!”
Il giorno tarda ancora a venire,
non odo ancora il canto gioioso del gallo;
non ci sarà giorno per me?
I miei occhi sono ora spenti,
sento lontano il lamento della Morte,
sorda alle mie invocazioni di pietà.
Fermala, o Dio,
non permetterle di rubarmi la Vita,
che è ciò di cui ho più bisogno!
I suoi rantoli, la sua aria fetida,
si impadroniscono di me
e mi trascinano in un vortice di silenzio!
Or non è più;
la strada che porta alla chiesa aspetta,
aspetta e con essa il muricciolo.
E l’Uomo spera di poter rivedere il giorno,
sentire il gallo,
di resurgere dalle ceneri della patria distrutta. |
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Hanno inserito questa poesia nei propri segnalibri: - Sara Acireale - Alberto De Matteis
Possiamo elencare solo quelli che hanno reso pubblici i propri segnalibri. |
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«Poesia datata 02/11/1977; una personale rivisitazione del giorno dedicato alla commemorazione dei defunti.» |
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